LAVORI IN CORSO

LAVORI IN CORSO

DI ANNA DI GIANATONIO

Leggendo i testi che Dario Stasi aveva disordinatamente ac cumulato nel suo computer e che Nadia Slote ha paziente mente fatto emergere dalle cartelle del suo desktop si prova  una forte emozione. Dario Stasi ha davvero amato questo  territorio, grossomodo quello della principesca contea, spin gendo la sua voglia di scoprirne la storia indietro nei secoli,  ancora prima della nascita di Gorizia, nei ponti e nelle strade  romane, lungo i valichi attraversati dai barbari, da Aquileia  ad Alessandria d’Egitto, alla ricerca di collegamenti, legami,  affinità culturali tra mondi diversi e lontani ma, per qualche  recondito legame, vicini al territorio goriziano. L’immagine di  Dario che esce da questi scritti è quella di un instancabile  viaggiatore, che a piedi, con la bicicletta  o su una macchina scassata si avventura in cerca di risposte, reperti, volumi  e ricerche, andando incontro alla vocazione di piccolo archeologo manifestata  sin dall’infanzia a Fiumicello. Nel racconto della scoperta fatta da bambino  della collana sepolta sottoterra, che lui  

credeva un prezioso reperto antico e che  invece era stata nascosta dal barbiere del paese per prenderlo in giro, c’è tutta l’ironia con cui Dario avvolgeva le sue  

passioni, le sue convinzioni politiche e le  scelte editoriali.  

La rivista Isonzo-Soča ha precorso i tempi con le sue intuizioni: l’unicità del territorio, artificialmente diviso, la pervasività  culturale della guerra fredda, che come  una polvere ha oscurato alcuni avvenimenti, anche del passato più lontano, (i  Tolminotti) per esaltarne altri, la fragilità  dell’identità italiana in un territorio mistilingue (il numero sull’italianizzazione  dei cognomi è quanto di più divertente  si possa leggere sulla storia della città),  l’irrompere della volontà di oltrepassare  il confine (la domenica delle scope), la  messa in secondo piano di intellettuali  non ligi ai dettami della cultura diffusa;  insomma ciò che voleva Dario era far  uscire Gorizia dal provincialismo della  

città “vittima e martire” per collegarla alla  storia nazionale ed internazionale, mettendone in luce le magagne, ma anche le  straordinarie opportunità. Il traguardo di  

Go2025 è un primo passo verso questo  obiettivo. Dario ci avrebbe lavorato, ben  sapendo che, anche grazie alla sua rivista, la meta era stata raggiunta. Avrebbe  

avanzato le sue proposte, senza arrendersi, al massimo sospirando quando gli  ostacoli sembravano insormontabili.

Presentiamo in questa seconda parte della rivista i temi su  cui Dario aveva lavorato e che intendeva approfondire, quelli  a lui più cari: il Calvario, il Corno e Aquileia, su cui voleva  scrivere un libro. Alcune pagine sono comparse nella rivista e  nelle pubblicazioni che ci ha lasciato, altri sono inediti. La sua  era una riflessione che procedeva per cerchi concentrici sugli  argomenti che gli stavano più a cuore e che mano a mano  approfondiva. Leggendo le sue carte si comprende quanto  abbia dato alla conoscenza della città e del territorio, un patrimonio che non solo deve essere conservato, ma che chie de di essere arricchito dagli studiosi che hanno conosciuto il  suo stile leggero e la profondità dei suoi interessi.