
KULTURA …
DI ANDREA BELLAVITE
E’ la parola più proferita e ascoltata nel frammento spazio-temporale che è il territorio Goriziano nel terzo decennio del terzo millennio.
E lo è in un momento internazionale molto delicato. La guerra in Ucraina, il ripreso genocidio di Gaza, l’elezione di Trump presidente degli Stati Uniti d’America e il suo interventismo nelle dinamiche economiche e politiche internazionali, la scelta del riarmo dell’Unione europea che ha creato ovunque scompiglio all’interno degli schieramenti partitici… Tutto questo e molto altro ha creato un clima di insicurezza e di paura che spinge l’opinione pubblica, anche quella sedicente illuminata, verso un’unica possibile soluzione: l’aumento delle percentuali di bilancio da destinare alla produzione e all’acquisto delle armi. Eppure la corsa agli armamenti aveva portato il mondo sulle soglie della catastrofe generale e nei decenni precedenti si erano salutate con prudente soddisfazione le trattative per lo smantellamento degli arsenali, in particolare di quello nucleari. La guerra, oltre che esserne la distruzione, è anche la negazione della Cultura e la fiducia nelle armi come strumento di risoluzione dei conflitti altro non è che la rassegnazione alla legge della giungla, il ritorno a una concezione preistorica dell’homo sapiens.
Sì, perché la Cultura è un’espressione che riguarda esclusivamente l’anthropos, in quanto costituita essenzialmente dal linguaggio, questo formidabile strumento che ci ha consentito di rendere patrimonio universale ciò che è stata l’esperienza individuale di miliardi di noi. Grazie a questa ininterrotta trasmissione, si sono formate le tradizioni sociali, si sono succedute le scoperte scientifiche, sono stati definite le leggi delle comunità. Soprattutto si è costruita la coscienza di ogni persona, frutto di un’infinita serie di interrelazioni, incontri e scontri che fanno sì che ognuno sia quello che è e che possa collocare la sua individuale tesserina nell’immenso mosaico della storia dell’umanità.
La Cultura è umana, prima di essere slovena, italiana, friulana, albanese, serba, bosniaca, afghana, senegalese, russa, ucraina, palestinese, israeliana o americana. Non isola i gruppi chiudendoli nella tomba delle identità, ma consente alla particolarità di divenire dono, alla specificità di trasformarsi in generalità. E’ nel contempo universale e singolare, accoglie la totalità e valorizza la frammentarietà, possiede una dimensione infinita e trascendente dentro la necessità di incarnarsi nella concretezza del riconoscimento dell’altro. La Cultura fondamento della pace nella giustizia, perché presuppone la libertà, l’uguaglianza e la fraternità. Trascende ogni forma di nazionalismo e di razzismo, anche di un fascismo che non può trovare spazio nelle istituzioni, meno che meno sotto la forma di presunta tutela della memoria di eventi storici nefasti. Ogni essere umano, in quanto soggetto, ne è consapevole costruttore, a condizione che non pretenda di definirla, asservirla o esaurirla. Cresce soltanto nel coraggio dell’accoglienza illimitata, dove ciascuno è a pari titolo portatore di dignità universale, compreso chi giunge stremato dalla rotta balcanica e all’arrivo è costretto a dormire all’addiaccio sulle nostre gelide piazze.
Il messaggio di Nova Gorica e Gorizia “capitale europea della Cultura” è straordinario e travalica il territorio, pretendendo di aiutare a crescere la consapevolezza di cosa significhi essere “homo” oggi, in Europa e in tutto il Mondo. Le mille iniziative – conferenze, mostre d’arte, concerti, teatri – attrarranno un pubblico vario, proveniente da diverse nazioni. Cosa porteranno a casa i visitatori? Forse la certezza che il Pianeta potrà essere in pace solo quando tutti i confini saranno abbattuti, l’internazionalismo della Cultura determinerà e non sarà determinato da quello dei mercati. Forse la consapevolezza “basagliana” che il primo compito di ciascuno è quello di essere attento alle necessità dell’altro. Forse la convinzione che la legge del dono debba prevalere su quella del possesso e che sia realizzabile una società nella quale “a ciascuno secondo i suoi bisogni, da ciascuno secondo le sue possibilità”. Il riconoscimento europeo è conferito a ogni cittadina e cittadino chiamati a essere autentici protagonisti, nel dimostrare quanto sia possibile realizzare il miracolo di una comunità umana fondata sulla celebrazione e la valorizzazione della diversità di ciascuno. La capitale europea della Cultura non può che essere anche capitale europea dell’accoglienza e della pace.
La ripresa del cammino di Isonzo Soča, sulla scia dell’intuizione di Dario Stasi e suoi collaboratori, vuole fornire un formidabile strumento, costruito insieme dal lavoro di una redazione italo-slovena, per favorire la crescita di questa Cultura essenzialmente umana, iniziando da Nova Gorica e Gorizia per raggiungere ogni angolo del Mondo con un invito al rispetto reciproco, alla scoperta della bellezza dell’alterità, al riconoscimento dell’elementare verità: solo la Cultura deve essere il fondamento di ogni azione politica, economica e sociale.