ALLA RICERCA DEI TOLMINOTTI

ALLA RICERCA DEI TOLMINOTTI

DI ELIO CANDUSSI

“Alla ricerca della memoria” di episodi del territorio goriziano lontani nel tempo e di tracce di storia locale sconosciute  o semplicemente dimenticate: questo era uno degli obiettivi  giornalistici, ma pure di vita, di Dario Stasi. Tra le tante riscoperte o semplicemente investigate, una vicenda storica  che ha profondamente coinvolto lui e pochi altri è la Rivolta dei Tolminotti del 1713, cioè la ribellione dei contadini di  Tolmino e del circondario contro l’esosità dei gabellieri imperiali e le presunte ruberie dell’esattore Giacomo Bandeu.  Tutto iniziò con la discesa a Gorizia di ben 6 mila contadini (un numero enorme per quei tempi) il 26 marzo 1713 e  conclusasi ad aprile 1714 con la decapitazione dei capi dei  ribelli a Gorizia, nell’allora Travnik (l’attuale piazza Vittoria).  A monito dei sopravvissuti i corpi degli undici disgraziati vennero squartati ed esposti sulle vie d’accesso alla città e  così la nobiltà locale fu salva. A ricordo di questi tragici fatti  storici, nel giugno1992, per iniziativa di Dario Stasi, Fulvio  Salimbeni, Maria Masau, Diego Kuzmin ed altri venne posta una lapide in quattro lingue in Piazza Vittoria, angolo via Bombi. 

Come ricordò il Piccolo del giugno 2012, già nel 1988 era  stata avanzata la proposta della lapide, ma “fu subito respinta dalle autorità, il sindaco, la giunta comunale, e scatenò una sequela di reazioni di associazioni nazionali e privati cittadini che vedevano nella proposta del comitato  una macchia sull’”italianità” di Gorizia”. Ci vollero dunque  quattro anni perchè la lapide venisse accettata e comunque  all’inaugurazione subì le forti contestazioni della destra cittadina, ma il Comune venne rappresentato dall’assessore  Guido Pettarin, che la sostenne con decisione.  Da allora i Goriziani hanno potuto iniziare a conoscere questa tragica pagina di storia locale. Mi è venuta così la curiosità di andare a Tolmino per capire cosa resta oggi, là dove  la rivolta iniziò oltre 300 anni fa. La prima mèta è la centrale  piazza Mestni Trg dove si trova il vecchio Palazzo dei Coronini, signori di queste terre per tanti anni. Lì oggi ha sede  il Museo storico ed antropologico di Tolmino, che descrive  bene i fatti, il contesto in cui maturarono e come si conclusero. La vicenda è ben rappresentata anche dai dipinti  di Tone Kralj (1900-1975), scultore sloveno, ma soprattutto  pittore espressionista, famoso per le raffigurazioni contro il  fascismo e il comunismo nelle piccole chiese del Carso e  del Litorale. All’esterno del museo una piccola scultura è  stata eretta nel 1973, nel 260° anniversario della rivolta. 

La parte meno conosciuta di questa storia si può scoprire a  Kozlov Rob, una collina boschiva a nord del centro storico,  un rilievo alto circa 100 metri sopra la cittadina, oggetto di  passeggiate in relax da parte dei Tolminesi. Vi si può salire attraverso numerosi sentieri, costeggiati da tabelle con  notizie geologiche, un bunker della Grande Guerra, targhe

identificative degli alberi presenti, la ricostruzione di una  carbonaia. Vi si trova anche una fonte considerata magica  dai locali, con poteri curativi considerati eccezionali, la cosiddetta “Grofova Voda”, l’acqua del conte. Sulla   vetta del Kozlov Rob troneggiano i   resti delle mura di cinta del Castello   di Tolmino, che raccontano la storia   tormentata della città. In quanto posto di controllo delle vie di comunicazione tutti vollero impossessarsene,  fondato dai Patriarchi di Aquileia nel  XI secolo, passò poi sotto i Conti di  

Gorizia, la città di Cividale, i Veneziani ed infine gli Asburgo. Così recita  sinteticamente un tabellone posto  vicino alle mura. L’ultimo proprietario fu un Coronini, ma all’epoca della  rivolta del 1713 il castello era già in  rovina e non fu più riutilizzato. 

Sul lato del colle che si affaccia alla   valle dell’Isonzo sono dettagliatamente descritti i fatti della Prima   Guerra Mondiale, che qui intorno si  svolsero, ed i nomi dei principali luoghi di battaglia, dal Mengore a sud,  al Kolovrat ad ovest, dal Mrzli Vrh ed  il Krn ad est. Ma non era questo che   mi interessava. Tutto sommato l’impressione è che un primo impulso  alla riscoperta della rivolta del 1713  sia avvenuta solo con l’indipendenza  della Slovenia (1991), quando si poterono svolgere ricerche in modo approfondito negli archivi resi disponibili. La svolta però si ebbe nel 2013,   in occasione dei 300 anni dalla rivolta. Oltre alle ricerche di Dario Stasi,  si possono segnalare ad es. gli studi  di Remigio Gabellini (storico, scenografo), Alexander Panjek (professore  all’Università della Primorska) e di  Ivan Pregelj (1883-1960, scrittore),  che descrissero con dovizia di particolari le premesse al malcontento  dei contadini di inizio ‘700, i fatti che  si susseguirono dal marzo 1713 al  maggio 1714, con i nomi dei rivoltosi e dei vari nobili, del fallito tentativo di pacificazione e del soccorso degli  eserciti stranieri.

A conferma di quanto la rivolta dei  Tolminotti sia stata a lungo dimenticata o trattata con sufficienza mi  colpisce la descrizione fatta da Carlo  Morelli nella sua “Istoria della Contea  di Gorizia”, pubblicata da Paternolli nel 1855. Nelle oltre 400 pagine del  terzo volume, che narra del periodo  dal 1700 al 1790, egli dedica poche  righe al problema della mancata riscossione del dazio su vino e carne  per l’opposizione degli abitanti di Tolmino e se la cava così: “La resistenza  del contadino di quelle comunità divenne tumultuosa, e resasi criminosa  a segno che Carlo VI si vide costretto  a dare col sangue de’ principali autori un esempio di pubblica giustizia”.  

Pure nella “Guida di Gorizia e della valle dell’Isonzo” di Michele Gortani del 1930 si afferma “nel 1713  ci fu addirittura una sollevazione a  Tolmino contro l’esattore dei Coronini e circa tremila rivoltosi scesero  a Gorizia…” ma non spiega come  la rivolta si concluse. All’opposto la  dimostrazione di come la comunità  slovena percepisce quella vicenda è  

data dalla bandiera del Comune di  Tolmino che, come tutte le bandiere, vuol rappresentare i simboli che  identificano quel luogo. Nella parte  inferiore si vede stilizzato l’Isonzo e  dei forconi, nella parte superiore un  castello in fiamme (quello di Tolmino) ed un numero: 1713. Più chiaro di  così il riferimento alla famosa rivolta  contadina di quell’anno… evidentemente è la data più importante nella  storia della città. Risulta chiaro che i  punti di vista di Goriziani e Tolminesi  sulla rivolta del 1713 sono piuttosto  distanti e così pure la sensibilità nella  descrizione della gravità dell’accaduto. Che dire infine di “Pivovarna 1713”  la birra artigianale slovena con relativi  sottobicchieri raffiguranti il castello in  fiamme ed i contadini in rivolta???  

Un simpatico ed irriverente strumento  artigianale di marketing che sarebbe  sicuramente piaciuto a Dario!