
TANTI RICORDI RIMANGONO
DI KARLO ČERNIC
Per Dario c’erano cose che andavano fatte e basta. Era molto determinato e non aveva paura di rischiare, anche di tasca propria. Solo così sono potute nascere nel 1974 la Cooperativa libraria Incontro -Srečanje con l’affollatissimo corso di sloveno e 15 anni più tardi il suo progetto più prezioso, il giornale di frontiera Isonzo-Soča, e poi la lapide ai rivoltosi tolminotti nella piazza Travnik. Iniziava così finalmente a lacerarsi in modo più concreto l’asfissiante cappa di falsa e povera identità goriziana che dal primo dopoguerra avvolgeva la città. Nella sua appassionata militanza civile, culturale e politica per una gorizianità più vera, con i suoi monti, acque e popoli e le tre lingue nelle quali viene vissuta, ha saputo coinvolgere sempre più persone e dalle più disparate capacità operative.
Dario infatti funzionava da coagulante non comune.
Ho condiviso con Dario molto da vicino alcune delle sue importanti battaglie. Ci siamo conosciuti nel 1971 in occasione della campagna per lo scioglimento del M.S.I. e da allora abbiamo continuato a frequentarci. L’ultimo suo regalo era una grande carta geografica dell’Europa da appendere sul muro, fra i primi invece c’era un mappamondo con lampadina incorporata. La geografia gli piaceva e la viveva attraverso una logica originale e divertente: collegava il vino georgiano di Gori a Buhara, il lago di Van alle mura di Dyarbakir, Mosca a Granada.
Anche i viaggi fatti insieme erano ricchi di sorprese. A Istanbul ci siamo dati appuntamento al bar più vicino alla Moschea blu, dove ci hanno servito un vino stravecchio e pieno di mosche; a Tasso, I’isola greca del miele, abbiamo campeggiato in mezzo alle api, a Lisbona abbiamo voluto vedere da vicino la rivoluzione dei garofani nelle canne dei fucili: sempre con la stessa sua FIAT milletré che ci ha portato anche su e giù per gli Appennini fino a Messina nel viaggio di nozze. L’ ho accompagnato in bici alla ricerca dell’alfabeto glagolitico a Hum e nella valle dell’Isonzo; ha voluto vedere gli affreschi di Spacal e Černigoj sul Collio sloveno. Le sue particolari let ture lo portavano a scoprire particolari insoliti sia a Vrtojba che a Coimbra. Con un pizzico di mistero organizzava anche le escursioni che dalle foci dell’Isonzo deragliavano verso le chiese affrescate audacemente da Tone Kralj, da Hruševica-Ad Pirrum romana al castrum di Ajdussina, dalla laguna gradese alla sua Aquileia, amata non solo per i mosaici, forse gnostici.
I libri. A parte il suo Pascoli e le citazioni dalla Divina commedia che spesso ce le integravamo, capivo poco il filo logico delle sue letture che vagavano dalla storia bizantina ai bene andanti, dalla prospettiva di Piero della Francesca ai Goti e a Manzoni. Infatti, dopo avergli regalato per il compleanno per tre volte consecutive il libro sbagliato, che poi non leggeva, ho dovuto ripiegare sul cognac, con solo un po’ meno sfortuna, perché in quel campo poi era un vero esperto.
Molto più chiaro era invece il suo legame con la terra e la cultura contadina. Non solo per il suo campo di Moraro dal quale mi portava le ciliegie bianche istriane e borse di pomi biologici col verme. A Palmanova mi ha fatto comperare le avvizzite ma storiche mele annurca, e mi ricordava i nomi sloveni di quelle autoctone di alto fusto di Angel. Dario vigilava anche sulla semina e la crescita degli ortaggi del mio orto e, citando Carducci, la fioritura del melograno nel cortile. I pomodori bisogna piantarli sotto il muro, al riparo, così maturano prima e li portiamo per primi al mercato, me lo ha ripetuto diverse volte fino all’ultima primavera, mimando le lente gesta del vecchio contadino dell’Albero degli zoccoli. Del mondo contadino faceva parte anche il gigantesco Satana rosso sulla parete della chiesa di s. Andrea a Gris che ce l’ha voluto far vedere.
Dario aveva una memoria formidabile e anche la penultima volta in ospedale a proposito dell’incipit del De bello gallico aveva ragione lui: Germania est omnis divisa, mentre io insistevo per il verbo in coda. E lucean le stelle della Tosca invece ce la ricordavamo bene ambedue canticchiandola alcune settimane fa nel telefono.
Quest’ultimo lunedì di Sant’Andrea dopo aver consumato la tradizionale trippa preparata come sempre con maestria da Nadia, siamo andati con Lucia a raccontarglielo in ospedale e ci ha sorriso mentre dall’occhio sinistro gli scivolava una lacrima.
Sono contento di averlo conosciuto da vicino. Era un compagno e un grande amico.
Hvala tovariš, Hvala prijatelj.
Karlo Černic
Doberdob, 10. Dec. 2023