
“ZRCALO / SPECCHIO” DI ANNIBEL CUNOLDI ATTEMS
di MARCO MENATO
A Nova Gorica la libreria – caffè Maks ha ospitato nel mese di gennaio l’installazione dell’artista goriziana Annibel Cunoldi Attems intitolata “Zrcalo / Specchio”, visibile anche dall’esterno. La mostra, curata da Klaudija Figelj, fa parte del progetto Episkop, ideato dalla sede di Nova Gorica dell’Accademia nazionale slovena delle scienze e delle arti (ZRC SAZU) per il programma ufficiale di GO! 2025 e “vuole far luce sui molteplici aspetti del passato e le possibili opzioni per il futuro del palinsesto goriziano” come è specificato nel colophon del primo fascicolo del catalogo (46 p.), che sarà completato alla fine del progetto. Un catalogo in divenire, scritto in sloveno, italiano, friulano e inglese, suddiviso in due capitoli (il primo linguistico culturale e il secondo riservato all’opera esposta), che il visitatore potrà costruirsi secondo i propri interessi (non può essere classificato come pubblicazione a dispense, che acquista, cioè, un senso alla conclusione della raccolta dei singoli fascicoli, dato che anche da solo conserva l’autonomia bibliografica e contenutistica).
“A una parete di mattoni, ruvida al tatto, l’artista aggiunge uno specchio, liscio come l’olio e tagliente come un rasoio, per creare il contrasto”, per essere precisi gli specchi sono due (Gorizia – Nova Gorica) divisi da … un confine di mattoni, sul primo di essi sono applicate, secondo uno studiato schema geometrico, le parole Affirmatio, Dialog, Forum, Idea, Skupaj [in rosso], Krog e sull’altro le medesime ma rovesciate, appunto ‘rispecchiate’. Gli specchi riflettono ovviamente anche la realtà esterna, il viale alberato, nelle ore della giornata, così come si può notare nella fotografia in catalogo. Annibel Cunoldi Attems ha una lunga attività artistica, come pittrice e incisora, ma negli ultimi anni ha prediletto la forma delle installazioni, stabili o temporanee che siano. Ha lavorato molto all’estero, soprattutto in Germania (dal 1990 risiede infatti a Berlino). Ovviamente è ricchissima la sua bibliografia, che qualcuno finalmente dovrà allestire e ordinare in un corpus unitario.
A lei sono particolarmente legato per aver scelto nel 2005 la Biblioteca statale isontina come sede dell’installazione Fortuna comparationis, dove la parola è parte importante dell’opera. Dalla biblioteca di Gorizia alla biblioteca Reale di Copenaghen il viaggio è lungo, eppure anche in quella magnifica biblioteca (che visitai qualche anno fa), poggiata sul mare in una costruzione per metà antica e per metà moderna, ha potuto operare sempre con la stessa tecnica delle parole, qui coniugate con le fotografie, applicate alle vetrate (il titolo era Save). Un’artista quindi veramente europea, che vive l’Europa e ne conosce le lingue (tra l’altro è laureata in lingua e letteratura tedesca) e che si sente a casa a Gorizia, Parigi, Roma, Berlino, Lubiana o Copenaghen. Il testo critico in catalogo (p. 36-43) spiega la scelta delle singole parole, ad esso quindi rimando, senza voler riassumere. Qui mi piace offrire il mio parere e sottolineare innanzi tutto la scelta delle lingue: latino, italiano, tedesco e sloveno, non compare a ragione l’inglese, lingua uniformatrice per eccellenza e in questo caso si vuole sottolineare la parità dei singoli parlari, latino compreso, prima lingua europea. Le parole nette e chiare si stampano sugli specchi con decisione e precisa volontà, vogliono affermare appunto la forza dell’incontro e del dialogo, anche in assenza di completa comprensione. Sei parole che spazzano via, in un attimo, ma non d’incanto, decenni di incomprensioni, di violenze (come non ricordare i racconti di Boris Pahor durante il fascismo), di muri, di estenuanti e stupidi controlli, parole che sono il viatico per un futuro di pace, nonostante proprio oggi, nel 2025, non sia facile scorgere la pace in territori tutto sommato vicini a noi.
Di fronte a uno specchio ci guardiamo, anche non volendo, in viso, ci scopriamo, valutiamo le nostre sembianze, riusciamo a volte a guardarci anche dentro, lo specchio è un potente riflettore della realtà, qualunque essa sia, non nasconde, a volte perfino amplifica e preoccupa: così fa l’arte, che deve svolgere – specie in questo caso – una funzione civile, non deve adornare ma deve costringere a guardare, appunto, senza infingimenti. Una realtà, la nostra, della piccola Gorizia, nella quale ancora qualcuno non vuole specchiarsi e continuare a raccontarsi una storia che non è mai esistita o che è esistita solo nella rozza propaganda. Le parole sono anche la materia prima della ricerca, con le parole sono vergati documenti e sono stampati libri e la ricerca non può essere al laccio delle ideologie che purtroppo hanno appestato queste terre. Un’ installazione quindi densa di significati, che fa riflettere, e nel contempo con la sua limpidezza cromatica incuriosisce.