ISONZO, IL FIUME TRANSFRONTALIERO E IL DIBATTITO SUL SUO FUTURO PROSSIMO

ISONZO, IL FIUME TRANSFRONTALIERO E IL DIBATTITO SUL SUO FUTURO PROSSIMO

DI CLAUDIO SINISCALCHI

La bellezza dell’Isonzo è nota a tutti, grazie al fatto che al  contrario di tanti altri fiumi non è stato ridotto ad un canale,  ma – per quanto abbia subito molti interventi – conserva an cora una forte naturalità e una funzione di corridoio biologico tra Alpi e mare, particolarmente prezioso nella pianura isonti na che è molto urbanizzata. 

Il pressing delle Associazioni ambientaliste sui problemi  dell’Isonzo ha portato alla convocazione della IV Commissio ne regionale. Sul tavolo il problema della discontinuità delle portate determinato dalla gestione della diga di Solkan, pochi  chilometri a monte del confine, il rischio alluvioni a Gradisca e  Sagrado, le siccità estive, come quella drammatica del 2022  che ha portato alla morte di moltissimi pesci e altri organismi. L’Assessore Scoccimarro mette sul piatto 2 milioni di euro:  “con l’individuazione di alcune soluzioni, efficaci, sostenibili  (…) per la realizzazione di alcune idee progettuali, la Regione  intende trovare una soluzione all’ormai storico problema della  limitazione delle portate del fiume Isonzo, a valle della diga  slovena di Salcano, che causa diversi disagi sia ambientali,  per l’eco-sistema e le comunità ittiche, sia importanti diffi coltà nei sistemi irrigui, in particolare nei comprensori agricoli  del cormonese e del monfalconese”. 

Si tratterebbe in pratica di 2 interventi che ricadono nel Comune di Gorizia: il rafforzamento della traversa Piuma e di una  soglia a Straccis, oltre allo sfruttamento come invaso dell’ex  cava Postir in comune di Sagrado. L’obiettivo – scrive l’as sessore – è accumulare l’acqua rilasciata dalla diga durante  le fasi di picco in serbatoi opportunamente dimensionati per  poi rilasciarla durante le fasi di magra del fiume. 

L’annoso problema è già stato affrontato nel 2011, con il  “Laboratorio Isonzo” e nel 2021 con il progetto Grevislin (In terreg Italia-Slovenia). La preoccupazione delle Associazioni  Legambiente, Italia Nostra e E.Rosmann riguarda le specie  ittiche protette dalla Direttiva Habitat, trota marmorata, scaz zone e barbatello, che necessitano di precise misure di tutela.  Le minacce sono individuate nelle dighe, traverse, alterazione  delle sponde, scarichi fognari, usi motoristici e abbandono di  rifiuti. Nel nord Italia, si contano 25 taxa (popolazioni) con 18  endemismi, tra cui il Barbo balcanico e il Cobite barbatello  che si trovano esclusivamente nel fiume Isonzo. In Friuli Ve nezia Giulia sono presenti 34 specie di pesci autoctoni, di cui  

32 sono inserite nella lista rossa dei vertebrati (1 estinta). Riguardo al problema dell’hydropeaking – ovvero le forti  oscillazioni di portata causate dalla diga di Solkan – sicura mente ciò costituisce un ostacolo per l’ecologia del fiume,  ma non vanno dimenticati i prelievi per usi irrigui da parte del  Consorzio di Bonifica della Venezia Giulia e per la produzione  idroelettrica lungo 3 canali: nei periodi di siccità non si può  togliere l’acqua al fiume mettendo a rischio la sua sopravvi venza. La Direttiva sulle acque 2000/60/CE mira a garantire sia un profilo ambientale sia economico e sociale nella ge stione di questa risorsa, per prevenire il deterioramento dello  stato dei corpi idrici nell’Unione Europea, con l’obiettivo di  raggiungere un «buono stato» entro il 2015. Sono state concesse due proroghe fino al 2027, che è ormai alle porte, ma  il rispetto della direttiva viene poco considerato nella fase di  finanziamento e approvazione dei progetti. 

Riguardo alle 3 opere proposte dalla Regione, la risposta del le Associazioni è articolata. 

La traversa di Piuma da decenni ha problemi di perdite, quindi va sottoposta a manutenzione, ma non si ritiene opportuno  sopraelevarla ulteriormente. 

Non è chiaro cosa si voglia realizzare a Straccis, se la “soglia”  deve significare una nuova traversa, questa è un’opera da  escludere. 

Riguardo la realizzazione di bacini per l’accumulo di acque  extra alveo nei periodi di piena, da riutilizzare per fini agricoli  in estate, il giudizio è positivo, ma sulla realizzazione è neces saria un’attenta analisi. La Cava Postir – abbandonata da lun go tempo – si è pregevolmente rinaturalizzata e ospita specie  ornitiche di grande interesse, una delle quali ha qui l’unico  sito di riproduzione dell’intera Provincia di Gorizia. Quindi il  suo utilizzo va attuato con particolare prudenza, ponendo la  massima attenzione al valore naturalistico del sito. 

La realizzazione del bacino potrebbe essere però insufficien te, visto l’aggravarsi dell’emergenza climatica: la risposta do vrebbe essere più articolata e prevedere un Piano regionale  per il cambiamento climatico, che limiti i prelievi dai fiumi,  favorisca la conversione del sistema agricolo verso colture  meno esigenti e attui una maggiore cooperazione transfron taliera tra Slovenia e Italia. 

La normativa regionale prevede il controllo “naturalistico” dei  progetti della Regione che riguardano i corpi idrici: si tratta  della legge regionale n 42/2017 che contiene misure di tutela  della fauna ittica nella realizzazione di interventi in alveo, e devono inoltre rispettare gli indirizzi indicati nel Piano regionale di tutela delle acque, che regola la progettazione di opere idrauliche – comprese le opere di derivazione – con azioni  e tecniche volte a portare il fiume e le fasce riparie al recupero  delle funzioni ecosistemiche (geomorfologiche, fisico – chimi che e biologiche). 

Riguardo al rischio alluvioni nei Comuni di Gradisca e Sagrado, esso è di certo determinato dalla piovosità ma anche  dalle 2 traverse, che innalzano il letto del fiume. Non è pen sabile lo smantellamento – neanche parziale – delle traverse,  ma si ritiene che andrebbero ripensate, per poterne regolare  la quota in occasione di eventi eccezionali. Anche l’eccessiva  estrazione di inerti determina un incassamento del fiume ed il  restringimento dell’alveo e ciò diminuisce la capacità di lami nazione delle piene, aumenta la tanto biasimata vegetazione in alveo e danneggia opere come arginature, ponti ecc. Tutti questi concetti sono riportati nella normativa europea e statale, ma è necessario che siano adeguatamente applicati  dall’Amministrazione regionale.