
ETEROTOPIA AD ALTA QUOTA
di PETER ABRAMI
Ci sono momenti e situazioni in cui per affrontare un certo argomento, per scriverci, bisogna per forza muoversi di rimbalzo, di sponda, nel basket si direbbe “di tabella”. Il mio rapporto con la montagna può tranquillamente essere fatto rientrare in queste situazioni, in quanto rapporto secondario, reso possibile solo da intermediari, nel mio caso amici con cui di quando in quando mi avventuro nelle ultimamente famigerate “escursioni della domenica”. I rapporti secondari, indiretti, sono però resi possibili anche da quegli elementi che da decenni o secoli rendono quantomeno più tollerabile la nostra esistenza terrena, ovvero libri, canzoni, film.
Poco più di vent’anni fa, nel settembre del 2005, si svolgeva a Venezia la 62° edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica. Quell’anno, il prestigioso Leon d’oro veniva assegnato ad un film con due straordinari protagonisti che, per tutto il tempo, dialogano in maniera a volte chiara, altre quasi impercettibile, con la terza grande protagonista di questa meravigliosa opera, tratta da un racconto di Annie Proulx e diretta dal taiwanese Ang Lee. Il primo protagonista è Ennis del Mar, interpretato dal compianto Heath Ledger. Il secondo è Jack Twist, alias Jake Gyllenhaal. La terza è Brokeback Mountain, fittizia montagna del Wyoming che dà alla pellicola il suo titolo, e che i più attenti riconosceranno come ben più che mero sfondo della trama.
Trama che ruota intorno all’amore proibito, scandaloso, eppure inarrestabile, tra Ennis e Jack a partire dall’estate del 1963 attraverso il tempo, lo spazio, lo stato civile e altre dimensioni esistenziali. Ma che ruolo ha la montagna in tutto questo? Durante tutta la loro vita adulta i due cowboy periodicamente tornano a Brokeback Mountain per poter vivere il loro amore, facendo così della montagna ciò che Michel Foucault avrebbe definito eterotopia. Bisogna forse usare un po’ la fantasia, o, come detto prima, muoversi di sponda. Foucault non parla mai di montagna in questo senso, eppure si possono riconoscere in Brokeback Mountain i tratti dell’eterotopia della devianza, luoghi dove la società isola chi non rispecchia la norma, solitamente ospedali, manicomi, prigioni. L’isolamento è, in questo caso, naturalmente volontario, quindi vi prego di concedermi questa “licenza sociologica”. La montagna diventa quindi protagonista in quanto spazio di inversione di senso, di ritorno ad uno stato naturale, volendo intendere con questo non tanto una sorta di richiamo al mito del buon selvaggio, quanto piuttosto una dicotomica assenza di quella cultura patriarcale e fortemente omofoba (siamo nel Wyoming degli anni ’60…), perfettamente incarnata nel personaggio di Aguirre, ma di fatto assorbita anche da Ennis, per le ragioni e con le conseguenze che chi sa, sa e chi vedrà, vedrà. Lontana dal panopticon della società o, meglio, racchiusa in un miracoloso e impossibile spazio cieco all’interno dello stesso, la montagna di Ennis e Jack diventa luogo di libertà, di possibilità, di eccezione. Se in pianura i nostri protagonisti risultano inetti, ultimi, deviati, ecco che in quota diventano sovrani, addirittura dèi con diritto di vita e di morte sul bestiame che pascolano. Certo, almeno finché non tornano in pianura, dove dovranno renderne conto ad Aguirre…
In due modi si può vedere lo spazio montano del film. Da un lato, come utopia, spazio libero, a tratti quasi un locus amoenus dove i protagonisti si ricavano la propria vita, rifugiandosi da un esterno dove non hanno ragione di esistere. Dall’altro, si può tornare alla devianza, allo sconveniente, allo scabroso. Nella versione italiana (e in quelle di altre lingue romanze) il titolo è I segreti di Brokeback Mountain. Dal punto di vista strettamente grammaticale, il soggetto del titolo, e quindi il protagonista del film, non è più la montagna, ma sono “i segreti”. Non quindi luogo di libertà ma vera e propria eterotopia della devianza, dove i protagonisti si isolano volontariamente, ma in realtà perché non hanno scelta, perché non hanno altro spazio dove poter vivere insieme. Se è vero che non si giudica un libro dalla copertina, è anche vero che il titolo che viene dato ad un’opera è come un faro che (almeno nelle intenzioni) indirizza il fruitore verso una determinata chiave di lettura della stessa. Forse allora non è un caso che in occasione della prima messa in onda del film sulla tv italiana, l’8 dicembre del 2008 su Rai 2, alcune delle scene erotiche tra i due protagonisti maschili siano state tagliate dalla forbice della censura.
Vent’anni dopo, quindi, Brokeback Mountain rimane purtroppo un film d’inquietante attualità, un cult di straordinaria sincerità che affronta il rapporto della società con una storia d’amore queer, a differenza mia, in maniera diretta, senza rimbalzi, né sponde, né tabelle. E senza segreti. Perché non li vuole.
Articolo originale in Italiano.