PEDOĆIN
di MARCEL ŠTEFANČIČ, JR.
I confini in Europa sono scomparsi. Non esistono più. Esiste solo un confine: a Trieste. L’ultimo confine. Un confine che non vuole scomparire. E Trieste si aggrappa a esso con panico. Il museo di questo confine estremo è il Pedocin, alias La Lanterna, la famosa spiaggia pubblica.
Nel bellissimo documentario L’ultima spiaggia (2016), diretto da Thanos Anastopoulos e Davide Del Degan, il Pedocin appare piuttosto logoro e decadente, desolato e abbandonato, tra orizzonti stanchi, in un futuro sospeso, in un mondo incompiuto – distopico. Vediamo persino un inserto di un vecchio film in cui gli americani tracciano la linea di demarcazione che separava la zona A dalla zona B, rapidamente mutata in un confine della Guerra Fredda, parte della “cortina di ferro”. Ma quel confine è sparito. Non è però scomparso il metaconfines: al centro della spiaggia, infatti, fin dall’apertura del 1890, esiste un muro di cemento che separa donne e uomini. Le donne prendono il sole e nuotano da una parte, gli uomini dall’altra.
Così era una volta e così è ora.
Il muro resiste ancora e continua a separare uomini e donne – sopravvissuto in nome dei “bei vecchi tempi”, in nome della tradizione rituale, in nome della nostalgia per un’epoca utopica in cui le persone stavano insieme pur essendo separate, e in cui la differenza sessuale isolava gli individui. Anche altre spiagge avevano muri che separavano i sessi, ma sono scomparsi – il muro del Pedocin ha resistito. E si è “normalizzato”.
Lacan, riguardo alla differenza sessuale, propose in un suo seminario un esempio illuminante: due porte, su una c’è scritto “uomini”, sull’altra “donne”; questo è tutto – l’essenziale è ciò che è scritto, non gli organi che vi entrano – la differenza sessuale come differenza segnaletica, che separa, ordina, segrega. La differenza sessuale come ultima differenza ontologica, che attraverso una semplice operazione di segnalazione distingue uomini e donne, si inscrive non solo sulle porte, ma anche nel linguaggio stesso, dove la differenza sessuale segna non solo le persone, ma anche luoghi, oggetti e tutte le altre “parole”.
Il Pedocin è l’incarnazione di questo, anzi, l’incarnazione del godimento eccedente che nasce precisamente dalla lacuna della differenza. Qui, in questa spiaggia che incarna la differenza sessuale, vediamo che il nudismo (ah!), i triti luoghi comuni (come “Meglio sedersi che alzarsi cento volte”) e le battute piccanti (tipo quella sulla donna che …) non disturbano nessuno, ma è evidente che l’ansia stringe già questi vecchi bagnanti e bagnanti, pensionati provenienti da ogni dove: il dialetto triestino è scomparso, si lamentano, i confini sessuali sono scomparsi (“Adesso le donne sono persino nell’esercito”), i confini identitari sono scomparsi, i confini statali sono scomparsi, così come sono scomparsi i confini tra patrioti e nazionalisti e tra “forestieri” e triestini. Ad ogni confine, lentamente, sono morti. Il presente li infastidisce, e per questo si aggrappano con più forza alla loro utopia. Più il presente li spinge via, più celebrano il muro. Ogni tanto qualcuno tra loro percepisce il vero problema: “Vivi finché vivi. Quando muori, ti buttano fuori e il tuo appartamento viene affittato a scopo di lucro.”
Il capitale ha la meglio su di loro. Li spinge via, li depreda e li umilia. E prima di incenerirli dopo la morte, neanche disinfettano il crematorio, sospira uno dei bagnanti. Troppo fretta. Li bruciano come pizze. Se il crematorio vuole operare a scopo di lucro, deve comportarsi come un tempo i crematori nazisti. Il dictum di Margaret Thatcher secondo cui la società non esiste, qui si concretizza in modo grottesco – condensato nel muro. La metafora della differenza sessuale diventa metafora della differenza di classe.
Nel suo seminario sulla Faccia posteriore della psicoanalisi, Lacan ha affrontato esattamente questa connessione, cioè la relazione tra la teoria freudiana dell’inconscio, in cui il godimento eccedente gioca un ruolo centrale, e la teoria del valore eccedente di Marx, dalla quale il capitale trae nutrimento attraverso il lavoro. Cos’è il capitale se non l’espropriazione del godimento eccedente della forza lavoro, che attraverso il processo di produzione capitalista si trasforma in valore eccedente?
Oltre i bagnanti e le bagnanti, custodi del Pedocin, silenziose e fredde come navi fantasma, navigano le portacontainer oceaniche, simboli dell’espansione capitalista illimitata e invasiva. Per fermare il capitale, questi bagnanti avrebbero bisogno di una fede davvero forte – quella che avevano i rivoluzionari, che non si lasciavano intimorire davanti al sangue.
Il capitale ha prosciugato i loro desideri – passione, vita, futuro. Non sentono il richiamo del celebre verso di Shelley: “Voi siete molti – loro pochi”. Guardandoli, si ha l’impressione che siano lì in attesa di qualcuno – come se aspettassero il loro salvatore. Se vivessero negli anni ’50, attenderebbero Godot. Sembrano Vladimir ed Estragon, nella celebre opera di Beckett Aspettando Godot (1953), concordati con Godot di sabato sera, ma non sanno quale sabato: questo, il prossimo o il precedente? O se sia davvero sabato, o se il sabato esista ancora. Vorrebbero andare altrove, ma non possono, perché hanno un accordo con Godot. E se in realtà non avessero alcun accordo?
E il capitalismo, che ha convinto tutti questi bagnanti che il problema “è dentro di loro”, funziona in modo così fluido e fantasmatico che non se ne accorgono nemmeno più. Si fa invisibile (“mercato libero”) affinché non sorga alcun bisogno di alternativa. Si nasconde affinché i bagnanti non sentano che, in realtà, il loro accordo è proprio con lui.
Prvotni jezik tega članka je slovenščina.