GORIZIA NEI FUMETTI

GORIZIA NEI FUMETTI

di MIRT KOMEL

 

Se ripenso alla mia infanzia, quando leggevo Topolino in italiano, grazie al quale ho imparato la lingua — insieme naturalmente alle trasposizioni italiane dei leggendari cartoni animati giapponesi degli anni Ottanta — o alla mia adolescenza, quando sono passato a fumetti più seri come Dylan Dog o Nathan Never, nemmeno nei miei sogni più sfrenati avrei immaginato che un giorno avrei visto la mia città nei miei fumetti preferiti.

 

Ma l’impossibile è diventato possibile durante l’estate di quest’anno, quando, in occasione della Capitale Europea della Cultura di Gorizia, è uscito un episodio speciale su Topolino n. 3626 e un’edizione particolare di Nathan Never in due parti, ovvero n. 409 e 410. Tuttavia, come accade per i desideri inconsci – permettetemi di chiamarli così – anche in questo caso la loro realizzazione non corrisponde alla realtà di ciò che ci si sarebbe aspettati, sia in termini di carenza che di eccesso. Infatti, la differenza negli approcci e nel modo in cui l’opportunità storica per Gorizia è colta in questi due fumetti non potrebbe essere più grande, perché in un caso — Topolino — ci troviamo di fronte a una completa assenza di realtà, nell’altro — Nathan Never — a un eccesso di realtà, che però solo in questo caso non rende la questione né più intrigante né meno problematica.

 

Topolino n. 3626 contiene, come sempre, diverse storie indipendenti, tra le quali quella intitolata L’enigma del vecchio castello — sceneggiatura di Niccolò Testi, illustrazioni di Giampaolo Soldatidedicata proprio alla capitale europea della cultura. Immaginate ora la mia delusione quando, come molti altri, ho girato disperatamente da un’edicola all’altra alla ricerca di Topolino, che alla fine mi è stato procurato dall’immancabile Tuttofumetto di Monfalcone, per poi trovarmi davanti una storia ambientata a Gorizia… senza alcun riferimento a Nova Gorica!

 

La trama, come sempre con Topolino, è semplice: i protagonisti Qui, Quo, Qua (nell’originale inglese Huey, Dewey, Louie) guidati da Skopušnik (nell’originale Scrooge McDuck, nella versione italiana Zio Paperone) partono alla ricerca di un tesoro nascosto nel castello di Gorizia, che un tempo apparteneva a una contessa. La compagnia di anatre si mette in viaggio e le tracce misteriose che trovano nel castello e nel quartiere del castello li conducono attraverso via Rastello fino al Travnik, passando per una vista fugace di vari palazzi fino alla Piazza Transalpina, alias Piazza Europa, dove si trova il “confine tra Italia e Slovenia”. A questo punto però i protagonisti sono “troppo stanchi per proseguire” (cito il fumetto), così tornano indietro in città. Sì, è così. Nessun accenno a Nova Gorica, figuriamoci attraversare il confine, gli unici sloveni nel fumetto sono sagome irriconoscibili nell’unica vignetta in cui è rappresentata la stazione ferroviaria di Nova Gorica. Peggio ancora, nell’ultima pagina, quando il mistero del castello è già stato risolto, lo zio Paperone dice che hanno ancora tempo per “visitare la città” (abbiamo una città da visitare), cosa che viene poi ripetuta enfaticamente nel dialogo finale: “Intendi la città di Gorizia, zione? — “Ovvio … che altro?” Ovvio … che altro?

 

Non si tratta di una svista, ma di una deliberata ignoranza, che fa il gioco non solo dell’ideologia italiana dominante, che disprezza tutto ciò che è sloveno, ma anche dell’enfasi eccessiva sul passato, cioè su tutto ciò che è jugoslavo e “titoista” — ma anche di una certa agenda particolare dei partner italiani della capitale europea della cultura goriziana. Infatti, la titolare è Nova Gorica, Gorizia è partner in questo progetto, ma dal lato italiano, soprattutto al di fuori dei confini del Friuli Venezia Giulia o della Friuli Venezia Giulia, solo Gorizia viene promossa come tale (come dimostra, tra l’altro, la creazione di un sito web “autonomo”, indipendente dal sito ufficiale www.go2025.eu). Insomma, non c’è da stupirsi che Topolino sia incappato in queste scogliere ideologiche. Che non si tratti di un’interpretazione, ma di un fatto ideologico, lo si può constatare già leggendo l’editoriale di questa edizione, che non menziona né la storia in questione né il progetto GO!EPK, ma si concentra sul ruolo che Topolino ha avuto in passato nella diffusione della conoscenza della lingua italiana. Per di più, subito dopo la prima storia principale del fumetto, dedicata ai “neologismi”, segue un’intervista a un certo Massimo Bray sulle parole italiane, poi l’annuncio del Festival della Lingua Italiana, al quale parteciperà Topolino e solo dopo la storia Il segreto del vecchio castello.

 

Qui abbiamo, insomma, a che fare con un’ignoranza ideologica molto pianificata, che si diffonde più rapidamente della pandemia di Covid-19, poiché le sue ripercussioni si possono poi leggere anche sui siti web della televisione nazionale slovena, ad esempio nell’articolo del giornalista Alessandro Martegani, che nel suo contributo su Topolino n. 3626 — dal titolo “È andato a ruba nelle edicole del FVG il numero di Topolino dedicato alla Capitale Europea della Cultura” e dal significativo sottotitolo “La storia, inserita nel numero 3626 della celebre rivista a fumetti, è ambientata a Gorizia e propone molti luoghi iconici del capoluogo isontino” scrive che si tratta di “un modo originale per far conoscere il patrimonio culturale delle due Gorizie attraverso il linguaggio dei fumetti”, anzi, “un modo di celebrare la Capitale europea della cultura e fissare nel tempo questa esperienza che ha unito ancora di più le due città”. È bizzarro che anche questo giornalista — come Topolino — non menzioni affatto Nova Gorica, ma la assorba nelle “due Gorizie”, unite in una sola, cioè la (“vecchia”) Gorizia, il che dimostra l’ultimo fantasma dell’ideologia fascista con cui abbiamo a che fare qui: l’unione delle due Gorizia, sì, ma “di nuovo” in italiano.

 

In modo completamente diverso, l’idea delle “due Gorizia” viene affrontata da Nathan Never 409-410 con i titoli Arrestate Nathan Never e Il mistero di Aquilea, così come l’hanno concepita lo sceneggiatore Bepi Vigna e il disegnatore Romeo Toffanetti, un duo che in passato si è già distinto con l’edizione triestina dello stesso fumetto, anch’esso in due parti, La città del vento e Check Point 23.

 

Devo ammettere che sono di parte, almeno sotto questo aspetto, poiché grazie a una serie di felici coincidenze letterarie ho incontrato Romeo, che mi ha mostrato in anteprima le sue splendide illustrazioni per il Nathan Never di Gorizia, dove sono rimasto letteralmente affascinato dalla visione futuristica di Gorizia e in particolare di Nova Gorica, con luoghi iconici come il castello, la stazione, la concattedrale, il ponte di Solkan. Con una rappresentazione equivalente di entrambe le Gorizia, unite in un’idea fantascientifica – nel senso enfatico di tutte e tre le parole – post -apocalittico Protettorato, governato amministrativamente dal Priorato di Gorizia, questo doppio Nathan Never è senza dubbio un eccezionale superamento estetico, che colma proprio quella lacuna che ho cercato di illustrare sopra.

 

Partendo dall’inizio della storia in Piazza Europa — più precisamente alla stazione ferroviaria, dove, come vediamo, anche in un lontano futuro i treni sono ancora in ritardo — con la seguente collocazione spaziale: “Vecchia Europa, protettorato est. Nova Gorica, stazione di frontiera”. Al confine, ma non più al confine tra Italia e Slovenia, bensì al confine del Protettorato con i paesi vicini, dove la “zona protetta”, che ricorda il Territorio libero di Trieste del dopoguerra, nella versione futuristica comprende non solo Gorizia, dove si trova la sede del Priorato, ordine monastico che ha “potere amministrativo” sull’insieme, ma anche “Tergeste” e “Nova Ljubljana”. La trama, come si addice a Nathan Never, è così complessa che non posso riassumerla qui per intero, quindi mi limiterò a dire che il Priorato di Gorizia ingaggia l’Agenzia Alfa con l’obiettivo di trovare nientemeno che il perduto “Santo Graal”, originario della vicina Aquileia, e il protagonista Nathan Never, con il supporto dei leggendari membri dell’Agenzia — la longilinea “Legs” Weaver, modellata su Sigourney di Alien; il genio informatico polacco Sigmund, modellato nientemeno che su Freud; l’androide Link e altri (incluso il come back in 410 di qualcuno che ci viene “rivelato” in 409 dagli iconici occhiali) — in una missione ricca di azione e colpi di scena.

 

Ora, se passo dalla descrizione dell’estetica alla trascrizione concettuale dell’id(eologia), allora bisogna prima cogliere l’idea geopolitica del “Protettorato”, che comprende il triangolo Trieste-Gorizia-Lubiana (si potrebbe dire un po’ scherzosamente e un po’ sul serio “TIGLJ”): a differenza dell’alternativa storica effettivamente possibile nel dopoguerra tra Lubiana e Trieste, qui come capitale del Protettorato si propone… Gorizia (e in questo stesso senso scherzoso potremmo dire che il Protettorato realizza il sogno millenario espresso nel famoso detto: “Trieste è nostra, Gorizia lo sarà ancora”). Ma di quale capitale si tratta in realtà? Le due Gorizia sono chiamate “Nova Gorica” e “Nuova Citta di Gorizia”, così che a livello simbolico possiamo vedere come, al contrario di quanto accadeva in Topolino, la “vecchia” Gorizia sia stata assorbita dalla “Nuova Gorizia”, ribattezzata “Novo Mesto Gorice”. Ma nemmeno un’immaginazione futuristica come quella di Nathan Never può immaginare città veramente unite se non in un registro che è comunque un compagno costante della fantascienza, ovvero il registro della religione.

 

A capo del Protettorato c’è il Priorato, per comprenderlo è necessario spostarsi dai contesti storici reali alla storia narrativa del mondo dei fumetti Nathan Never, che solo negli ultimi tempi sta acquisendo un’immagine coerente e canonica. In precedenza, infatti, ogni autore che si cimentava in una sceneggiatura per un fumetto interpretava a modo suo il mondo pre-apocalittico, mentre ora la storia sembra essere la seguente: l’umanità, alla ricerca di fonti energetiche alternative, ha scavato nel cuore stesso della terra, provocando letteralmente spostamenti tettonici a livello globale, cosicché la civiltà mondiale è riuscita a salvarsi solo al prezzo della retradizionalizzazione, quando alla guida della Santa Chiesa Romana è salito I Wayan Agung di Bali (!) come Gregorio XVIII (!!), che ha concepito una “federazione terrestre” con l’obiettivo della colonizzazione spaziale, diventando così noto come “il Padre della nostra epoca”. Da qui deriva il potere politico del Priorato monastico della storia e il suo “potere amministrativo” sull’intero triangolo geopolitico Trieste-Gorizia-Lubiana.

 

Il punto di forza del fumetto si rivela così anche il suo punto debole: nonostante la “vecchia” Gorizia sia simbolicamente assorbita dalla “nuova” Gorizia, a livello immaginario le due Gorizie sono politicamente ‘unite’ solo sotto il manto religioso del Priorato, che trae il suo potere dal “Nome del Padre”, il paradosso non è mai più evidente che dalla sede situata nel castello di Gorizia, da dove lo sguardo del Grande Altro può abbracciare e, per così dire, toccare entrambe le città.

 

Per concludere, vorrei citare un interessante punto di contatto, ovvero che anche nel caso di Nathan Never, come già in precedenza in Topolino, la trama è incentrata sul “tesoro segreto”, il “MacGuffin” narrativo, che sottolinea anch’esso il passato storico del luogo in questione.

 

Ora, per capirci, tornerò per un attimo al lacaniano: l’agalma o “tesoro segreto”, che si trova “all’interno”, ha una funzione ben precisa, ovvero quella di consentire la creazione di “un soggetto che si presume sappia” — nel caso di questo fumetto nientemeno che la figura di Gesù Cristo, poiché si tratta del “Santo Graal”, il calice dell’Ultima Cena, reinterpretato come un manufatto ultraterreno — dove l’accento è posto proprio su quel “presuppone” che sostiene la fantasia, ovvero l’intreccio tra il registro immaginario e quello simbolico che costituisce la nostra percezione della realtà come un tutto unico.

 

La fantasia dell’Uno, di cui si tratta nel nostro caso, è ovviamente la fantasia della “città unica”, che in realtà è sostenuta dall’intero apparato ideologico della capitale europea della cultura, mentre in Topolino possiamo riconoscere la versione fascista dell’unificazione (entrambe le Gorizia come “Una città, Gorizia“) e in Nathan Never quella liberale (il Protettorato autonomo, all’interno del quale il Priorato religioso ha sede nel castello e quindi al confine tra Nova Gorica e Nuova Città di Gorizia).

 

Ciò che è essenziale, però, è ciò che è “represso”, cioè il significante unitario, il significante-signore, che è assente, ma che proprio in quanto “represso” ritorna in questa o quella veste di “ritorno del Reale”: nel caso di Topolino, si tratta nientemeno che della stessa Nova Gorica, che è il “signore” in questo senso, in quanto è de jure promotrice del progetto GO!EPK2025, mentre Gorizia è “solo” de facto partner; nel caso di Nathan Never, il padrone represso non è il “Padre della nostra epoca”, come si potrebbe pensare, né Gesù Cristo (entrambi esplicitamente citati nel fumetto), ma nientemeno che Josip Broz Tito, che, significativamente, non si trova più sul Sabotin del futuro.

 

All’estetizzazione fascista e liberale della politica occorre rispondere, in breve, alla maniera di Benjamin, con la politicizzazione socialista dell’estetica: la Gorizia del futuro deve essere socialista, altrimenti sprofonderà nella barbarie. E anche se il socialismo sembra ad alcuni, nel migliore dei casi, solo un utopico “sogno del futuro” – o, nel peggiore dei casi, un “sogno del passato” –, possiamo comunque constatare con i nostri occhi l’attuale liberalismo fascista nella nostra distopica realtà.



Articolo originale in Italiano.