POINT DE VUE DI ANNIBEL CUNOLDI ATTEMS, VENO PILON, EVGEN BAVČAR E MARKO POGAČNIK

POINT DE VUE DI ANNIBEL CUNOLDI ATTEMS, VENO PILON, EVGEN BAVČAR E MARKO POGAČNIK

di MARCO MENATO

Vipavski Kriz (l’antica Santa Croce), nel comune di Aidussina (Ajdovscina), viene definito nel linguaggio turistico “un piccolo borgo pittoresco, cinto da mura, oggi uno dei monumenti culturali e storici più belli della Slovenia”, adagiato in un verdeggiante paesaggio collinare. Due i richiami culturali e turistici: il castello di origine quattrocentesca costruito contro il nemico turco dall’ultimo conte di Gorizia, Leonardo, e la bella biblioteca (25 mila volumi) del convento dei Cappuccini, fondato nel 1637 per combattere la diffusione del protestantesimo.

Il castello fu abitato dai conti Attems dal 1605 al 1864, anno in cui una terribile bora lo scoperchiò, rendendolo di fatto inabitabile. La parte nord fu acquistata nel 1885 dal Comune e adibita, fino ad oggi, ad uso scolastico. Chi entra, varcando un portone che non c’è più, si trova in un piazzale contornato da alti ruderi ricoperti da rampicanti e, dall’altra parte, dall’edificio scolastico: fa un certo effetto entrare in un castello senza tetto e sentire i bambini giocare e rincorrersi divertiti e dimentichi di essere al centro di una piccola storia, che arriva fino a Gorizia.

Una delle molte manifestazioni del programma ufficiale di GO!2025 è stata l’inaugurazione, martedì 27 maggio, della mostra “Point de vue” dentro il perimetro del castello, che era stato già oggetto della mostra “Crocevia tra passato e futuro” organizzata dal Comune di Gorizia nel 2004 in occasione dell’ingresso nell’Unione Europea della Slovenia. Anche in questo caso, ideatrice della non comune installazione è stata l’artista goriziana Annibel Cunoldi Attems, che insieme alla curatrice Klavdija Figelj ha ridato vita, per la prima volta, a quegli spazi vuoti e abbandonati. Operazione che poteva sembrare quasi impossibile e invece caparbiamente Annibel ha costruito un originalissimo percorso visivo e grafico, sensibile alla luce e ai colori del tempo, visto che l’installazione durerà fino al 31 dicembre 2025. Sono sue le scritte (genere per il quale è ormai nota in buona parte dell’Europa, sulla linea immaginaria Gorizia – Berlino – Copenaghen – Parigi, su questa caratteristica rinvio al n. 119 p. 44 di “Isonzo Soca”) e la fotografia di un particolare della romana Ara Pacis, nella quale ha aggiunto però un segno di colore rosso, per avvisare il visitatore che si trova davanti non a una normale riproduzione fotografica di un lontano originale, ma a una trasposizione artistica da un luogo (Roma) a un altro, appunto Vipavski Kriz, dove pure la colonizzazione romana arrivò.

Le scritte in una lingua composita (sloveno, tedesco, italiano e inglese), in carattere maiuscolo poste su superfici a specchio nella parte bassa e quindi comodamente leggibili, si incrociano alla maniera dell’enigmistica: “Reflex Zeit 2025”, “Cross Vision Energie”, “Idea Energija Kriz”, richiamano sia il tempo passato che l’energia che deve provenire dall’attivismo di oggi (speriamo che davvero sia l’inizio di una nuova età per il castello!). Una quarta, solitaria, in francese, con carattere differente, “Tout voir tout savoir”, appare su di una fotografia del castello di Praga ed è collocata all’altezza dell’Ara Pacis.

Dentro le finestre vuote del lato opposto alla scuola, quattro fotografie colorate di Evgen Bavcar, ‘artista concettuale’ e filosofo sloveno residente a Parigi, ma originario di un paese poco lontano da qui, pongono l’accento su particolari infinitesimali dei medesimi spazi, ma quello che meraviglia è che il fotografo è cieco dall’età di dodici anni a causa di guerra, quindi la sua non è fotografia propriamente detta, ma è un ricordo e una ricerca del cuore dell’immagine, che è rimasta nascosta nel suo cervello. Marko Pogacnik, scultore e storico dell’architettura in vari atenei europei (fra i quali Venezia), presenta un granito scolpito, o forse sarebbe meglio dice ‘inciso’, dentro un ottagono posto all’interno di un torrione in ricordo di un cedro secolare abbattuto poco fuori le mura castellane (la spiegazione, che trae origine dalla geomanzia, è su un cartello in sloveno e in inglese). L’assente è il genius loci, cioè Veno Pilon (1896-1970), pittore e fotografo, originario di Aidussina, del quale solo nella serata inaugurale si è potuta sentire la voce e vedere le immagini di suoi disegni proiettati sulla parete. L’espressione in francese di cui scrivevo prima, mi confida Annibel, è tratta da Pilon, insomma è una citazione nascosta, da lei già utilizzata nella mostra “Echange de vue avec Veno” (Pilonova Galerija, 2009).

Far coesistere il moderno nell’antico, apprezzando l’uno e l’altro allo stesso modo, anzi rivedendo quasi con occhi nuovi l’antico, è stata una scommessa vinta, che mi auguro venga ripetuta ancora, in un luogo che è circondato da misterioso fascino. L’unica menda non è tanto l’attesa del catalogo che comunque uscirà a breve, quanto l’assenza di un semplice pieghevole, pur ammettendo che l’informazione di base sta su un cartello trilingue (sloveno, italiano e inglese) che dice tutto in poche parole: “Si presentano quattro artisti, ognuno profondamente legato a questo luogo, con una marcata dimensione europea”. È, infatti, un “point de vue” (punto di vista), come affermato solennemente all’ingresso nello stemma Attems, rivisitato da Annibel Cunoldi Attems che ringrazio per la sua appassionata e colta guida.



Articolo originale in Italiano.